Gli effetti del crollo demografico. Un’attenta analisi del sistema immobiliare italiano che conduce dalla crisi finanziaria a quella sociale Mercato immobiliare con costi in discesa e mutui con tassi ai minimi storici, una condizione ottimale per un Paese come il nostro che ha sempre scelto il mattone come bene rifugio ma, ancor prima, come base solida per la costruzione di una famiglia. Eppure tutto stagna profondamente. Perché? E che nesso può esserci tra una politica della casa e una valorizzazione della famiglia? Abbiamo chiesto ad un esperto del settore, Massimo Guerrini di Open Asset e membro di RICS Italia quali sono i motivi che frenano una ripresa delle compravendite immobiliari e in generale di un settore che è stato da sempre un indicatore dell’economia italiana. “Per l’anno 2016, in effetti, registriamo una condizione di offerta del prodotto mutuo immobiliare, da parte delle principali Banche, che godono di grande liquidità, particolarmente conveniente, con tassi di interesse, sia fisso che variabile, mai visti fino ad ora – spiega Guerrini – Si aggiunga che i prezzi medi degli immobili ad uso abitativo sono in continua contrazione con percentuali che superano il 15% nell’ultimo quinquennio e che tendenzialmente continueranno a scendere ancora per un po’ di tempo. Anche la riduzione della tassazione, soprattutto sulla prima casa dove sono è stata eliminata la Tasi e si sono ampliate le agevolazioni fiscali, con l’ultima Legge di Stabilità, fanno pensare ad una ripresa del comparto e in particolar modo della compravendita. Ma così non avviene e registriamo una crisi profonda del binomio famiglia casa, condizione che, fino a pochi anni fa, dava il senso della fiducia e della speranza di consolidare la propria qualità della vita e dell’autentico senso di costruirsi un proprio futuro, soprattutto per le nuove generazioni”. È di particolare interesse lo studio e la connessione tra questo e le politiche a sostegno della famiglia. “La casa era considerata la base per la costruzione di una famiglia, per far crescere i propri figli, per dare solidità ai risparmi e un senso ai sacrifici quotidiani, anche attraverso impegni a lungo periodo rappresentati dai mutui – prosegue Guerrini – Ma la crisi finanziaria ha mutato l’approccio delle nuove generazioni nei confronti del mattone, sollevando un profondo problema sociale e culturale che ha reso i consumi, in particolare dei giovani, assolutamente imprevedibili. Questo perché non c’è più un reddito da lavoro sicuro, l’austerità ha distrutto l’occupazione senza aver di fatto stabilizzato i bilanci delle economie occidentali che non sono ripartite. I giovani quindi non si sentono in grado di produrre redditi certi e quindi i loro valori cambiano: si consuma quando ce n’è. Nessun ottica di medio periodo quindi, nessun pensiero di investire nel futuro in nessun bene durevole”. “Tornado alla casa, c’è però ancora una parte di fortunati, quasi un terzo, che l’ha ereditata dai genitori o dai nonni e che quindi nel passaggio di proprietà all’interno della famiglia ne ha anche mantenuto il senso di sicurezza patrimoniale e della non perdita di valore reale. In questi casi in genere si tratta di immobili acquisiti risalenti ad un’epoca lontana il cui costo storico conforta la sensazione del buon investimento nel tempo. Sorprende come questa fetta di proprietari (indagine Casa.it) sostenga che la casa resta un bene che non si svaluta nel tempo. Posso solo aggiungere la considerazione che gli effetti delle bolle speculative sono comunque, nel bene e nel male, molto più lenti di quelli degli investimenti mobiliari – aggiunge Guerrini – C’è poi un’altra parte di giovani che considera comunque rassicurante l’acquisto di un immobile e che mette in evidenza alcuni aspetti a mio giudizio importanti. Sono quella parte di società che cerca la casa per la vita, che considera l’investimento immobiliare finalizzato alla soddisfazione di un bisogno personale e che crede non conveniente l’affitto nel lungo periodo a fronte di un mutuo: ovviamente se lo si ottiene e a quali condizioni. A questo va anche a sommarsi un elemento di per sé intangibile ma altrettanto importante quale il disagio della condizione di inquilino e la ritrosia ad investire denaro nelle migliorie di un immobile non di proprietà”. “C’è poi però un’ultima, ma non certo per importanza, parte di nuove generazioni che ha un rapporto di totale sfiducia verso il mattone come un bene troppo tassato, costoso da mantenere e di lento smobilizzo – conclude Guerrini – Ed è su questa parte che un paese che ha voglia ancora di crescere e di non distruggere le speranze di un’intera generazione deve lavorare. Negli anni ottanta ci sono stati governi che pur nei loro sbagli sono stati in grado di risolvere la cosiddetta emergenza abitativa: mancavano le case per le famiglie. Oggi è l’opposto: le case ci sono. Mancano le famiglie per le case.” Un altro dato significativo proviene anche da una recente intervista rilasciata dal Ministro della Salute che afferma che negli ultimi cinque anni abbiamo perso oltre 66 mila nascite, con un aumento considerevole della popolazione anziana, con due terzi dei genitori che stanno sotto la soglia dei 25mila euro di Isee.
Massimo Guerrini.