Siamo entrati in un’era di grandi cambiamenti e dobbiamo renderci conto che vi entriamo con un bagaglio di idee, classi dirigenti e istituzioni più adatte al mondo che ci siamo lasciati alle spalle da secoli.
Questa rivoluzione può creare nel contempo nuove fortune e tutto un insieme di nuovo protagonisti.
L’attuale classe dirigente non sempre si mostra capace di affrontare questo cambiamento, manca spesso il linguaggio, la creatività e lo spirito rivoluzionario che il momento richiede.
Tra le varie cose che mancano c’è la comprensione della velocità sorprendente con cui si espande l’epidemia dei cambiamenti (Google e Facebook hanno in pochi anni cambiato parti del mondo ferme da secoli).
In un’era rivoluzionaria piena di sorprese e innovazioni, bisogna imparare a pensare da rivoluzionari, infatti coloro che durante le rivoluzioni non si adeguano hanno un nome preciso: vittime.
Ignorare le leggi della nuova fisica del potere ha spesso conseguenze catastrofiche: bancarotta, disordine sociale, persino la morte.
La visione del mondo come sistema complesso e in continuo adattamento, richiede una rivoluzione di pensiero. Implica da parte nostra un cambiamento di ruolo, da architetti di una struttura che credevamo di gestire e controllare, a giardinieri di un ecosistema vivo e sempre mutevole.
In un’era rivoluzionaria, con il mondo che cambia rapidamente, i nostri strumenti da architetto sono diventati letali: è ora di pensare da giardinieri.
In questo mondo ormai globalizzato l’equilibrio è diventato instabile. Il mondo è soggetto alla interdipendenza, la rete di connessioni che lega ogni singolo componente a tutti gli altri.
Tutti gli elementi sono collegati tra loro da legami fisici o tecnologici che non siamo in grado di registrare o monitorare completamente.
Miscele di ogni genere oggi sono dappertutto e si creano all’interno dei sistemi finanziari o bellici, cogliendoci di sorpresa e presentando continue novità a ritmi sempre più accelerati.
Per gettare le fondamenta di un nuovo ordine internazionale, occorre muoversi in aree in cui esperti e politologi tradizionali non si trovano a loro agio, occorre tutto un nuovo modo di pensare in cui le vecchie regole matematiche non valgono più.
Esso comporta l’accettazione del fatto che non sarà più possibile fare previsioni precise.
La resilienza e la creatività.
La costruzione di una società resiliente non è necessariamente complicata.
Lo scopo è abbastanza semplice: resistere alle sorprese che ci aspettano; assorbire i colpi peggiori e mantenere intatti i principi essenziali della nostra libertà.
La resilienza è ben diversa dalla resistenza, che è solo un modo di cercare di prepararsi ad ogni evenienza possibile, il che è inattuabile.
La resilienza ci insegna infatti che non possiamo anticipare o prevenire i pericoli futuri, ma possiamo però superarli adattandoci, trasformandoci e uscirne anche rafforzati.
Un po’ l’esempio delle canne di bambù, che si piegano ma non si spezzano, aspettando che il vento e tutto quanto torni come prima. Ma nulla tornerà come prima. Magari cesserà il vento, ma nel frattempo il campo muore. Forse cambiare campo sarebbe meglio…
Il passaggio dalla sicurezza del futuro alla sua totale incertezza richiederà un adattamento psicologico tanto stressante quanto produttivo.
La creatività a sua volta è sinonimo di salvezza ed è ciò che cambia la nostra vita.
L’innovazione e la creatività sono i motori che portano alla nostra felicità, e non viceversa .Alla creatività umana dobbiamo tutto e tutto trae origine da una prima scintilla di innovazione.
Massimo Guerrini